MANTRA - MUDRA - Kiai - KUJI-KIRI - KOTODAMAKotodama Il “Kotodama” è una forza spiritale misteriosa che sta nella “parola”. I kotodama sono delle frasi, dei suoni vocalici, che hanno una parte molto importante nella vita giapponese. ![]() In Giappone, si credeva (ed anche oggi è rimasta una sorta di superstizione) che ogni parola pronunciata si sarebbe un giorno realizzata: In matrimonio giapponese, nessuno dei partecipanti dice le parole che fanno immaginare "separarsi" né "divorziarsi", non solo per evitare la maleducazione. Hanno paura che succederà per la colpa delle parole. Se uno studente ha un esame di iscrizione per un'università, la sua famiglia sta attenta di non pronunciare "ochiru" o "suberu", perché tutti e due significano "bocciarsi". Se qualcuno sta morendo sul letto in un ospedale, nessuno della famiglia, parenti, e amici inizia a chiamare l'agenzia di funerale. Anzi se lo fa, verrà attaccato dai tutti, magari uno dei questo penserebbe, "Speri che muore prima possibile?". "Kotodama" si scrive 言霊. (anche 言魂) 言 "koto" è "parole". 霊(魂) "tama" (collegando con "koto", si pronuncia "dama") è "spirito" o "anima". La parola "koto" ha un altro ideogramma 事 che intende "fatto". Ora i due ideogrammi hanno i diversi significati, ma nell'era antica, anche dopo dell'importo del kanji dalla cina, il "dire" e il "fatto" avevano un concetto uguale. In un libro antico si vede 言 come 事, e viceversa. E' KitKat, un prodotto dolciario di Nestlè. I giapponesi lo pronunciano "kitto katto", che somiglia un po' "kitto katsu", cioè "vincere assolutamente". Per cui nel periodo dell'esame vengono acquistati dagli studenti che vogliono i cioccolatini che portano la fortuna. E' un esempio di kotodama positivo. Anticamente in Giappone chiamare qualcuno con il nome vero veniva evitato, perché chiamare così significava di controllare o dominare la personalità dell possessore del nome. Quando due giovani si frequentano, per la ragazza fare sapere il suo nome vero è dichiarare che accetta il rapporto d’amore. Infatti nelle poesie antiche, chiedere il nome, è considerato una proposta di matrimonio. In Kojiki, c'è una storia in cui una ragazza che aveva rivelato il suo nome per la richiesta da un imperatore, l'ha aspettato per ottanta anni sperando che lui venisse a prenderla. L'autorice di Genji Monogatari è conosciuta come Murasaki Shikibu 紫式部. Ma non è il suo nome personale. Dicono che il nome autentico fosse stato Fujiwara Takako o Kaoriko 藤原香子, ma non è chiaro. Murasaki è stato preso dal nome di un personaggio nella storia, Shikibu è il nome del ruolo dilavoro di suo padre. Non chiamare il nome vero è scomodo, così è nato azana (字) il sopranome per sostituirlo. (Oggi tra gli amici quello che si usa per esprimere la simpatia si dice adana (あだ名). Col tempo è stato confuso con azana e adana.) Il nome vero invece si dice imina (諱). Si scrive anche 忌み名, appunto vuol significare "nome da evitare di dire". Il noto samurai Miyamoto Musashi, di cui Musashi è azana. Il vero nome è Harunobu. Ma conunque lo chiamiamo Musashi, il nome conosciuto. Anche oggi si trova facilmente la traccia di questo concetto, anche se oramai non è così presente come una volta. In Giappone gli imperatori hanno il nome vero, ma durante la loro era, nessuno li chiama con il nome, anche perchè non è neccesario. L’imperatore è sempre e solo uno, per cui basta chiamare "L'imperatore". Per distinguerlo dagli altri imperatori del passato, lo chiama "Kinjoo Tennoo", ossia "L'imperatore Attuale". L'imperatore precedente, con il nome dell'epoca Showa, lo chiamano Showa Tennoo. I Giapponesi si sorprendono quando sentono che all' estero si usa il nome vero, come ad esempio capitò per L'imperatore Hirohito. Nella vita quotidiana dei giapponesi, chiamare il nome vero è comunque significativo. Ad esempio nei cartoni animati la protagonista si imbarazza per essere chiamata con il suo nome, non cognome ne sopranome! Per chi vivere in Giappone, osservando bene come si chiamano, si capisce il rapporto o la distanza personale tra le persone. Nel Reiki con il termine Kotodama, ci si riferisce ai Mantra dei vari simboli. Non è insolito comunque sentire chiamare i Kotodama anche Jumon. Il termine Jumon, significa "incantesimo" o "magia". quell'insieme di leggi cosmiche che regolano l'intero universo. In alcune scuole giapponesi i Kotodama non vengono semplicemente pronunciati ma intonati come dei Mantra: vengono salmodiati a ripetizione o emessi come se fossero un lungo suono. Grazie alle loro vibrazioni, i Mantra producono un effetto di guarigione attraverso la funzione dell’interdipendenza: ogni Mantra possiede una determinata frequenza vibrazionale, per mezzo della quale l'energia liberata può essere indirizzata in modo preciso, al fine di lavorare su tematiche specifiche; siano esse fisiche, mentali o spirituali. ![]() MANTRA GIAPPONESI (dal KUJI-KIRI o KUJI -IN) e ARTI MARZIALI"fonte: (il respiro e la voce dr. Alessandro Gelli) La prima differenziazione consiste nel fatto che nello Yoga il tempo impiegato per ottenere i risultati é poco preso in considerazione in quanto gli Yogi sono fiduciosi e sicuri che, indipendentemente dal tempo, il risultato é garantito. Lo scopo ultimo del Mantra indiano é la "evoluzione spirituale" e quindi la trascendenza del corpo, ecc. Per arrivare a questi livelli é necessario prima "sgombrare" la mente. L'azione terapeutica del Mantra indiano, in fin dei conti, é proprio questo, ossia fermare il "turbinio dei pensieri negativi" che danneggiano, ammalano il corpo. E' da considerare che la salute del corpo e della mente, che per noi occidentali é quasi un miraggio, per gli Yogi indiani é solo un inizio, il fondamento indispensabile per far evolvere la spiritualità. Nelle arti marziali, come anche nello Yoga, specifici MUDRA, che in questo caso consistono in un intreccio di dita, e MANTRA di potenza hanno lo scopo di generare velocemente un surplus di energia psico-fisica che in questo caso sarebbe da utilizzare nel "combattimento". Lo scopo finale é la lotta vera e propria, una combinazione di forza fisica, concentrazione, calma controllata e grande sicurezza di se stessi. La caratteristica del NINJUTSU, che é una vera e propria disciplina di vita come lo Yoga, é l'azione rapida eseguita da un soggetto calmo e "controllato". Il controllo totale di se stessi, del proprio corpo e della propria mente, sono i canoni fondamentali del NINJUTSU e di altre arti marziali. Il raggiungimento di questo controllo é possibile tramite l'utilizzo della "scienza" del KUJI-KIRI (chiamato anche KU-JI o KUJI-IN). I benefici di chi adotta giornalmente questa disciplina, che é alla portata di tutti, consistono in una grande valutazione di se stessi, nel resistere maggiormente al freddo, al caldo, al dolore della fame e della sete, nel resistere, inoltre, a sollecitazioni stressanti che esaurirebbero in breve tempo individui non allenati. La possibilità di rafforzare potentemente i sistemi immunitari é piuttosto intuibile; infatti, grazie ai Mantra, ai Mudra, alle respirazioni, nonchè alle particolari tecniche posturali, il soggetto assai difficilmente contrarrà "banali" raffreddori, influenze, patologie psico-somatiche, reumatiche, ecc. L'azione sugli stati mentali, come é stato dimostrato anche durante il corso di psico-fisiologia clinica, é pressoché immediata. Dopo pochi minuti inizia un senso di euforia, grinta, voglia di muoversi, scattare; l'individuo si sente pervadere da una grande energia vitale, la tristezza e le preoccupazioni di pochi istanti prima vengono allontanate. Le altre possibilità e gli ulteriori benefici più "impalpabili" sono l'aumento della "intuizione", il sapersi rapportare con gli altri in maniera diversa in relazione al tipo di interlocutore. La spiegazione "classica" di tutti questi benefici si basa sullo sviluppo dell' AURA bio-psico-energetica. I Mudra stimolano alcuni punti dei canali energetici dislocati sulle dita e sulle mani; il Mantra agisce, come si é già detto, a livello mentale e fisiologico accordato con la respirazione profonda completa. Le indicazioni per questi tipi di mantra e mudra (del KU-JI ed altre arti marziali) sono: casi di depressione ed introversione, perdita di attaccamento alla vita, apatia, anoressia, bulimia, alcune malattie psico-somatiche (per alcune condizioni di stress), ipotensione, stanchezza cronica, scarsissima fiducia in se stessi, ecc. Le stesse tecniche, a causa della velocità di azione, sono controindicate per i cardiopatici, nervosi in crisi acuta, ansiosi gravi, ipertesi e per i soggetti simpatico-tonici in attacco acuto. Gli individui che "lottano" per uscire dalla morsa dell'ansia o da altre patologie con simpatico-tonia (con crisi non in atto) possono vincere ed "annientare" i loro problemi se seguiti da un vero esperto in queste discipline. Le tecniche di questa disciplina sono numerose; qui se ne riportano solo due che corrispondono a quelle sperimentate dagli studenti e che hanno provocato uno stato di "piacevole euforia". Allo stadio di "euforia", grinta, maggior ottimismo, ecc. segue, spesso (in un tempo che varia da soggetto a soggetto), uno stato di relax, calma ottimistica. Su come questi Mantra agiscano a livello psico-fisiologico é argomento lungo ed arduo. Forse inducono il rilascio di endorfine (alfa,beta,gamma) e di encefaline. Potrebbero inoltre indurre un certo rilascio di catecolamine. Questi Mantra fanno innalzare i valori della pressione arteriosa, sia sistolica che diastolica, mediamente di circa 5-20 mmHg, mediante la respirazione profonda con espulsione dell'aria moderatamente forzata; inoltre migliorano la circolazione in ogni distretto, compreso quello cerebrale. A livello mentale, come detto più volte, c'é un rilancio dell' EGO, similmente a come accade nell'addestramento militare di tipo moderno per i corpi speciali.
(Traduzione ed adattamento di “Mudra in the Martial Arts” di Wayne Muromoto)
Una delle cose più curiose che ho incontrato nel corso della mia pratica marziale è l’uso dei mudra nelle discipline di combattimento. Mudra è un termine indiano che in giapponese viene tradotto come “in” ed indica dei particolari gesti da compiere con le mani. Questa pratica è derivata dalMikkyo (Buddismo esoterico) ed in particolare è presente nei rituali delle sette Tendai e Shingon. Questi gesti – apparentemente semplici – si ritiene siano in grado di generare un particolare potere spirituale, che viene poi manifestato all’esterno in vari modi. Purtroppo la maggior parte dei praticanti marziali non ha nel proprio curriculum uno studio di questo genere, dato che la maggior parte dei Budo in circolazione prevedono un addestramento più legato alla educazione fisica e ad un allenamento sportivo ed escludono (o relegano in secondo piano) l’uso di rituali del Buddismo esoterico quali mudra, mantra (canti o parole di potere) e mandala (disegni o immagini che possono generare energia spirituale). ![]() Così i mudra sono in larghissima parte assenti nella pratica del judo, kendo, iaido, kyudo e karatedo, e perfino nell’aikido, per come è attualmente praticato. O’ Sensei Ueshiba Morihei, il fondatore dell’aikido, era un devoto della setta Shinto dell’Omoto-kyo, che faceva uso di particolari rituali, tra i quali l’uso dei chinkon, dei kotodama e di altri esercizi fisici volti a generare e rinforzare il potere spirituale, tanto che ritengo che la maggior parte della natura esoterica dell’aikido provenga proprio dai rituali esoterici dello Shinto. Sebbene il Buddismo esoterico ed altre sette quali lo zen abbiano gli stessi obbiettivi, i loro percorsi per giungere a questi risultati sono abbastanza diversi. Nel mikkyo si fa largo uso di riti e rituali di origine tantrica, probabile eredità dei riti sciamanici dell’Asia preistorica; Lo zen da meno importanza a questi riti arcaici e piuttosto focalizza l’attenzione sull’intelletto, sull’esperienza diretta e sullo “svuotamento” della mente. Naturalmente questa è una semplificazione estrema che non rende giustizia al mikkyo e allo zen, ma vuole essere giusto una base di dati per sviluppare gli argomenti seguenti. Venni a sapere dell’uso dei mudra nelle ko-ryu (antiche scuole marziali) grazie ad una discussione con Otake Risuke, capo istruttore della Tenshin Shoden Katori Shinto-ryu, una delle più antiche scuole dei ken-jutsu oggi esistenti nel Kanto (Giappone orientale). Ai praticanti di arti marziali che si rifanno alle ko-ryu, l’uso dei mudra può spiegare alcuni strani movimenti presenti all’interno dei kata praticati, che non hanno una spiegazione logica o che non appaiono necessari nell’ambito della specifica tecnica di combattimento. Nel caso della Katori Shinto-ryu, Otake sensei rispose alla domanda di un praticante che chiedeva perché in un kata di naginata l’esecutore in un certo passaggio puntava il palmo della mano aperto contro lo spadaccino che aveva di fronte. Noi immaginavamo che se la distanza fosse stata abbastanza corta questo avrebbe comportato il taglio della mano, e quindi quale era il motivo di un gesto che causava una inutile apertura nella guardia del praticante? Otake sensei spiegò che chi impugna la naginata ha tracciato con un dito nel palmo della mano aperta un segno segreto che allontana gli spiriti maligni e dirige la loro forza contro l’attaccante. Naturalmente i samurai erano soldati dalla mentalità pratica e questo gesto lo facevano ad una distanza tale che, se il gesto magico non avesse avuto effetto, la mano sarebbe comunque stata preservata dal rischio di un taglio netto. Otake sensei descrisse anche un altro rituale di derivazione mikkyo usato prima di una battaglia e perfino a parte dalla pratica marziale in genere, come rituale di guarigione praticato da persone ammalate per favorire forza e salute. Alcuni anni dopo, mentre praticavo nella Takeuchi-ryu, il mio sensei mi disse che dovevo tenere le mie dita in un modo particolare quando riportavo la spada nel suo fodero; all’epoca pensai che questo fosse semplicemente una affettazione del nostro particolare stile, ma il sensei mi spiegò che così io stavo scrivendo segretamente un mudra con le mie dita per terminare con successo il combattimento, per allontanare gli spiriti maligni e per pregare per i defunti. Il mio sensei aggiunse che se anche l’attaccante è un nemico, una volta morto diventa un Buddha ed è nostro dovere pregare per la sua illuminazione spirituale, mostrando così la compassione del guerriero. “La battaglia è la battaglia e tu devi ucciderlo ma dopo devi pregare per il suo spirito – concluse - perché questo è lo spirito di un bugeisha”. ![]() L’uso di mudra e di altri aspetti del mikkyo si ritrova in molte occasioni in diverse koryu, perché mikkyo e Shinto erano le religioni dei samurai che avevano fondato le Ryu create prima del 1600. Le Ryu che si svilupparono dopo la imposizione del governo Tokugawa furono invece pesantemente influenzate dal Neo-Confucianesimo e, più tardi, dal Buddismo Zen. Per quanto lo Zen fosse popolare anche tra la classe militare nel periodo Kamakura (XII° secolo circa), questo non influenzò significativamente la pratica marziale fino all’ultima parte del periodo Edo, quando si diffusero i testi scritti dai monaci Takuan e Hakuin, e anche allora, nel periodo tra il 1600 e il 1868, le arti marziali furono influenzate in eguale misura dallo zen e dal Neo Confucianesimo e anche, nella sua parte finale, dal misticismo Shinto. Quando il Giappone fu modernizzato, le attuali derivazioni delle arti marziali nelle forme “-do” necessitavano di un substrato spirituale che non fosse particolarizzato e esoterico come il mikkyo, così lo zen venne più ampiamente adottato grazie alla maggioranza dei suoi praticanti ed alla particolarità della sua filosofia e delle sue pratiche, come lo zazen, che potevano essere estrapolate dal contesto religioso e usate nell’ambito dell’addestramento marziale senza che il praticante diventasse necessariamente un monaco zen. Il mikkyo usa i mudra molto spesso in combinazione con altri rituali, quali canti e posture corporee particolari; uno dei mudra più comuni è quello dello shuto (“mano a coltello”), in cui le prime due dita sono estese mentre il pollice e le altre sono ripiegate sul palmo e che può essere rilevato, guardando con attenzione, in diversi kata di alcune koryu come nella postura delle mani di alcune statue del Buddha. Questo mudra rappresenta la “spada dell’illuminazione” che taglia via tutte le illusioni; atto simboleggiato a volte anche dalla punta delle dita estese afferrata nel pugno chiuso dell’altra mano, in un gesto derivato appunto dal rituale mikkyo. Altri mudra abbastanza comuni e conosciuti (anche se spesso superficialmente ed in maniera confusa o mitica) sono i kuji-no-in (“nove segni della mano”) usati insieme alle “nove parole di potere”, in grado di aumentare la forza spirituale del praticante. In questa pratica le due mani eseguono una serie di nove gesti mentre contemporaneamente vengono pronunciate nove parole derivate dal sanscrito (bonji) e la sua conoscenza da parte anche dei “non addetti ai lavori” è dovuta – più che all’impiego da parti di preti mikkyo o da membri di koryu marziali – alla loro presenza in molte pellicole giapponesi aventi come protagonisti i ninja, che nell’immaginario collettivo orientale erano visti come maghi e stregoni. Come detto, spesso ai mudra vengono associate particolari “parole di potere” e questo richiama alla mente i racconti (o le leggende...) in cui qualcuno con un solo kiai riusciva a far cadere un uccello in volo o a paralizzare un aggressore. Un kiai è cosa simile all’apparenza ma profondamente diversa in sostanza da un kakegoe. Un kakegoe è un semplice urlo, un kiai è sicuramente un grido, ma il suo significato è “incontrare” (-ai) la “energia spirituale di ciascun’altro” (ki-). ![]() Ogni ryu ha i suoi kiai specifici, diversi a seconda se impiegati in attacco o in difesa, su un fendente piuttosto che su una stoccata diretta; Ogni kiai è una “esplosione vocale” espressa spesso con uno specifico suono come "ei" "toh" "yah" o similare, che ha uno specifico significato “marziale” all’intermo del mikkyo esoterico e che per questo motivo è stato “adottato” nelle koryu. I kiai sono equipara-bili aimantra segreti delle koryu a cui appartengono, e come tali non dovrebbero essere usati alla leggera; usando un kiai attacchiamo direttamente lo spirito del nostro partner/aggressore che dovrebbe essere letteralmente sconvolto e sopraffatto. Il kiai “Yah”, per esempio, se pronunciato in un certo modo, rappresenta la forza di una freccia (in giapponese: ya) scagliata da un arco, e come una freccia la voce dovrebbe “colpire” e penetrare lo spirito del destinatario. Ho notato presto che la maggior parte dei budo moderni sono privi di mudra e di altri aspetti esoterici dell’arte marziale da cui derivano, e attualmente non sono neppure sicuro del fatto che abbiano conservato almeno un briciolo dell’influenza del mikkyo. Osservate il kata di karate chiamato Kusanku oppure Kosokun: il movimento di apertura mi è stato descritto a volte come un esempio stilizzato del modo di rompere una presa e colpire la zona dei reni dell’attaccante quando questi tenta di stringerci con un abbraccio al busto; ma nello Shintonesoterico un movimento simile, con un battito di mani, saluta l’arrivo della Dea del Sole. Effettuando questo movimento in direzione del sole che sorge, assorbiamo l’energia spirituale positiva donataci dall’astro diurno; è quindi possibile che vi siano altri mudra ed esercizi esoterici celati in altri kata?. Il karate di Okinawa è d’altronde legato alla antica danza di Okinawa ed ai rituali di corte, che racchiudevano a loro volta alcuni aspetti delle credenze popolari dell’isola. Non sono sicuro che questo o altri esempi abbiano il reale significato che gli attribuisco e per questo lascio ai lettori il compito di approfondire l’esplorazione di questo particolare aspetto della pratica. Come detto, mudra e kiai racchiudono un potere non indifferente (almeno per chi ci crede...) ed è per questo che è bene che il modo di eseguirli in maniera appropriata venga affidato ad istruttori competenti o a monaci Buddisti, evitando la spettacolarizzazione ed il sensazionalismo di discutibili siti web o di riviste patinate perché - ammesso e non concesso che i mudra funzionano veramente – sarebbe come mettere una pistola carica nelle mani di un bambino e d’altronde non è certo un caso se queste pratiche fanno parte del mikkyo, che può essere tradotto anche come “insegnamento segreto”. Se viceversa i mudra non funzionano e non sono altro che delle superstizioni popolari, allora qualunque idiota o personaggio in malafede potrebbe copiare queste tecniche e mettere su (come successo in altri casi) il suo luccicante corso di karate-gung-fu-jujutsu condito da una stuzzicante spruzzata di esoterismo. C’è un rischio per chiunque decida di prendere queste tecniche e crearci intorno la sua “koryu fai-da-te”, Sebbene il mio insegnante fosse abbastanza disponibile ad insegnare determinate pratiche nella ryu che frequentavo, ho avuto una discussione con un prete Shingon in merito all’abuso della religione e dei rituali religiosi nella società odierna; egli ha notato che se queste pratiche hanno un significato spirituale, allora chi ne abusa in maniera impropria o scorretta non fa altro che accumulare energia negativa intorno a sé. Queste energie negative non si manifestano con mostri orrendi che appaiono dal nulla, come avviene nei film horror, ma ciò non toglie che alcune situazioni importanti della vita possano subire un danno proporzionale al “peccato” commesso. Qualcuno lo chiama karma, altri “nemesi”, per i Cristiani è la “retribuzione divina”, in ogni caso un modo di “regolare i conti”. Comunque sia, anche se si pratica solo un budo “moderno”, bisogna tenere in mente che molti dei gesti e delle cerimonie che eseguiamo ci giungono dal passato, con tutti i loro significati; anche se “moderno”, un budo non può e non deve essere solo “pugni & calci” e neppure essere solamente un modo per picchiare qualcuno con efficienza ed efficacia e per questo, pur conservando una sua ovvia base pratica e fisica, lo scopo del budo deve essere anche quello di aiutare lo sviluppo dell’essere umano, senza necessariamente fare di lui il combattente più letale in circolazione. La origine di queste arti affonda in parte in un mondo di spiritualità e – per quanto possa sembrare strano o assurdo – la direzione in cui ci muoviamo e il numero di passi che facciamo, il modo di muovere le dita e le mani, il ritmo del respiro e le frasi che pronunciamo possono creare una frattura o contribuire ad edificare un universo spirituale di cui tutti, consapevoli o meno, facciamo parte. E’ una bella responsabilità, non trovate? |
GIAPPONE ESOTERICO - Il gesto e il suono magico
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